Io e noi

Enrico Castellani (Babilonia Teatri)

Io e noi.
A separarli solo tu ed egli.
Eppure la frattura è profonda.
Quasi una voragine.
Una crepa che sembra non ammettere la presenza di un ponte a collegare i due lembi di terra.
Quella crepa si fa muro.
Si fa casa.
Si fa divano.
Si fa quiete.
Si fa benessere.
Benessere è una parola che non mi piace.
È una parola abusata.
Consunta.
Tuttavia è una parola che mi circonda.
Ci circonda.
Mi racconta.
Ci racconta.
Racconta di come in suo nome ogni idea, ogni credo, ogni slancio vacilla ed è pronto a corrompersi.
A fare un passo indietro.
A scolorire nell’indistinto.
Nell’innocuo.
Nell’indifferente.
Sento che la crepa si allarga ogni giorno e si fa bisogno, necessità, determinazione a difendere il benessere di cui sopra.
Si fa senso di colpa.
Il senso di colpa di chi è cosciente che il proprio benessere non può che essere in contrasto con quello altrui.
Con un possibile bene collettivo.
Mi lascio ammaliare da specchi per allodole che brillano attorno a me e di cui non so fare a meno.
Vivo in un equilibrio precario tra impegno, menefreghismo e senso di colpa.
Lo specchio è impietoso.
Il teatro deve farsi specchio.
Impietoso.
Non voglio dimenticare che senza pietà è impossibile vivere.
Come guardarsi allo specchio.
Non voglio essere indulgente.
Essere severo è necessario.
Essere duro, rigido, intransigente è disumano.
Sento che tutto attorno è continuamente troppo umano.
Umano fino alla grettezza.
Fino al becero.
Fino allo squallore.
Sento che l’io oggi troppo spesso coincide con la cura del proprio orticello.
Del proprio laghetto di piscio dorato.
Sento l’incapacità di smarcarsi.
Di differenziarsi.
Siamo monadi simili.
Solitudini identiche.
Copie isolate.
Mi guardo indietro e vedo il valore della differenza.
Oggi fa paura.
La polis come i ghiacciai si è dissolta al calore dei raggi ultravioletti.
Non ci sono più iceberg contro cui andare a sbattere.
Non c’è pericolo di affondare.
Né siamo tenuti a tendere le braccia verso chi grida al nostro fianco.
Viviamo all’interno di riserve di cui abbiamo tracciato con le nostre penne i confini.
Sento il desiderio di abbattere le riserve in cui abito.
Che mi sono costruito.
Vorrei abbatterle con le parole.
Col corpo.
Con le braccia.
Con le mani.
Con le unghie, coi denti.
Col sangue.
Non vorrei farlo da solo.
Non so farlo da solo.
Ma sento che ho bisogno di farlo.
Che ne abbiamo bisogno.

Babilonia Teatri è una formazione fondata da Enrico Castellani e Valeria Raimondi che si distingue per un linguaggio che a più voci viene definito pop, rock, punk. La compagnia si caratterizza per il suo sguardo irriverente e divergente sull’oggi che mostra i nervi scoperti del nostro tempo. Per uno stile fuori dagli schemi che intende il teatro come specchio della società e della realtà. Attraverso l’uso di nuovi codici visuali e linguistici esprime la necessità e l’urgenza dell’interrogazione, per far emergere conflitti e tensioni, con ironia e cinismo, affetto e indignazione, urgenze toccate con coraggio dissacrante. Coraggio che è valso al gruppo il prestigioso Leone d’argento della Biennale di Venezia.

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