Per una nuova educazione musicale

Lucio Leoni e Filippo Rea
Il senso profondo del fare musica non è esibirsi per l’applauso, il cachet o la gloria (anche, certo), ma è imparare a respirare con l’altro, imparare a stare in quel silenzio che precede e segue ogni fatto musicale, insieme e in ascolto. Stiamo imparando una volta ancora che senza corpo, senza corpi, non si da musica. Ma perchè ci preoccupiamo di musica? serve davvero la musica? e a cosa? quanto è importante imparare ed insegnare la musica? e poi in Italia che è il paese del bel canto, dell’ Opera, dei cantautori, l’Italia! il paese del flauto dolce…ops! eccolo il cortocircuito: eh si perchè è questo quello che ci spetta e che ci viene offerto quando parliamo di musica: due ore settimanali previste dal quadro orario regolamentato dall’art.5 del regolamento sul I° ciclo (le scuole medie) quelle due ore settimanali per tre anni in cui tutti -più o meno- abbiamo suonato (malissimo) il flauto dolce.
Prima e dopo, il deserto.

È necessario ripartire dal deserto di musiche in cui ci troviamo, quello formativo e quello per-formativo, deserti nei quali tolto il flauto dolce (o la melodica), tolto palcoscenico e il mercato delle musiche registrate, non c’è più niente. In Italia poi, ancora meno: un paese ormai in ascolto che segue e prova ad imitare scene, movimenti e suoni che vengono da altre parti del mondo dove l’approccio alla materia è bene diverso. Negli Stati Uniti, ad esempio, si comincia da quelle che noi conosciamo come scuole dell’infanzia (gli asili nido). Il percorso di avvicinamento e costruzione di una sensibilità artistica e musicale, lo studio del linguaggio e poi della tecnica dello strumento è un processo che accompagna lo studente dai primi anni di scuola e va avanti fino alla fine della scuola dell’obbligo. Questo non solo perchè fornire tale strumento ad uno studente apre possibili percorsi professionali ma perchè, evidentemente, esiste la consapevolezza che la musica è uno straordinario mezzo di comunicazione e costruzione che è capace di mettere in relazione senza bisogno di parole, in grado di raccontare mondi, culture diverse e lontanissime senza bisogno di dizionari, un grimaldello per i meccanismi del cervello che consente di aprire porte che altrimenti resterebbero chiuse e che amplia la capacità di ragionamento e di immaginazione.
E dunque sogniamo una Nuova Educazione Musicale che si spinga al di là dell’educazione scolastica e attraversi i tessuti sociali e i territori perchè in fondo anche in Italia anzi, soprattutto in Italia qualcosa c’era, va solo recuperato: c’erano le bande di paese, che oltre ad aver formato generazioni di professionisti accompagnavano gli eventi di vita; c’erano i luoghi in cui ci si incontrava per ballare, o meglio si ballava per potersi incontrare; c’erano i Canti del Maggio nei quali i contadini si sfidavano a colpi di rime in ottava per glorificare l’arrivo della primavera; c’erano i canti di lavoro per dare dignità e senso alla fatica di una esistenza e resistenza culturale antica e potente; c’erano le danze per curare mali profondi a cui non si sapeva dare nome; c’erano i giochi cantati e recitati dalle voci nei cortili; c’erano e ci sono ancora nascosti in qualche salotto strumenti abbracciati, amati, soffiati, percossi anche solo per gioire e godere senza bisogno di uno sguardo o di un orecchio che applauda, giudichi, paghi.

Sogniamo una Nuova Educazione Musicale che non pensi a farci diventare dei bravi musicisti, ma che prima di tutto ci indichi in che modo riportare le musiche nelle nostre vite, nelle nostre relazioni, a partire dai nostri corpi addormentati e silenti. Sogniamo una Nuova Educazione Musicale perchè così poi qualcuno di noi potrà fare anche il musicista per mestiere – povero lui – e nel frattempo tutti noi canteremo, suoneremo, balleremo, ascolteremo con più grande gioia piacere e consapevolezza. E forse allora saremo anche più disposti a riconoscere l’importanza vitale del lavoro di chi sale sul palco e accende quella fiamma che ci scalda e chiederemo a gran voce che sia tutelato e rispettato. Ma finchè non avremo orecchie per sentire, mani per far vibrare, fiato per cantare non saremo pronti a difendere la musica e chi la fa.

 

MANIFESTO PER UNA NUOVA EDUCAZIONE MUSICALE
  1. Se non sai chi è Beethoven non puoi sostenere l’esame di maturità.
  2. Se non sai chi è Beyoncè Knowles non puoi passare dalla terza media alla prima liceo.
  3. Introduzione dell’obbligatorietà della materia per tutto il ciclo scolastico dell’obbligo ed ampliamento dell’orario settimanale da due a sei ore settimanali con relativo ampliamento delle strutture scolastiche in termini strutturali: costruzione di auditorium e sale di incisione con relativa fornitura di strumentazione.
  4. Istituzione delle “Case della Musica” dislocate per tutto il territorio: centri di raccolta di materiali, documenti, strumenti, culture, laboratori ed eventi (gratuiti); luoghi dell’altrove dove incontrarsi per suonare, ballare, ascoltare, raccontare, spazi liberi in ascolto delle storie di tutti, senza fini educativi, luoghi della partecipazione e della condivisione.
  5. Introduzione della prova musicale all’esame di maturità: prova orale: elaborazione personale del brano: “Ho visto un re” (Jannacci, Fo, Ciarchi), prova scritta/performativa: Elaborato di qualsivoglia natura su qualsivoglia tema legato al mondo musicale, oppure un balletto.
  6. Ulteriori quattro ore settimanali di studio delle culture musicali: in una società sempre più eterogenea e mescolata il superamento delle differenze avviene anche attraverso lo studio dei linguaggi altri, dunque: elaborazione delle differenze culturali attraverso i suoni.
  7. Concerti di qualsivoglia natura gratuiti per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo.
  8. Coinvolgimento dei professionisti del settore e incontri su base mensile con autori, strumentisti, compositori per tutti gli studenti della scuola dell’obbligo.
  9. Introduzione delle bande scolastiche e organizzazione di relativi concorsi su base annuale: il vincitore ogni anno scriverà un nuovo Inno Italiano: “Per farla finita col giudizio sull’Inno di Mameli”. Si, lo cambiamo ogni anno.
  10. Gran Rogo annuale di un migliaio (numero simbolicamente indicato) di flauti dolci e melodiche, incolpevoli portabandiera dei tempi buii in cui viviamo.

Filippo Rea nasce a Roma il 29/09/81; è insegnante di ruolo nella Scuola dellʼInfanzia statale, presso Lʼ Istituto Comprensivo Octavia di Roma. E’ stato a lungo insegnante nei corsi di Propedeutica Musicale in diverse Scuole dellʼInfanzia e presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio e la scuola comunale sperimentale 0/6 del Primo Municipio in Roma. Collaboratore della rivista “Gli Asini – educazione ed intervento sociale”, diretta da Goffredo Fofi. E’ inoltre musicista e collaboratore di diversi progetti musicali e fondatore dell’etichetta discografica Lapidarie Incisioni.

Lucio Leoni, nasce a Roma il 30/03/81 è autore, musicista e produttore musicale. Diplomato presso il Conservatorio L. Refice in composizione elettroacustica e in Scienze delle Arti presso la Sapienza di Roma, conduttore radiofonico ed ingegnere del suono. Nel 2020 ha pubblicato il suo quarto album: “Dove Sei pt.1/pt.2”. E’ stato direttore artistico del live club “La Riunione di Condominio”, fondatore dello studio di registrazione “Monkey Studio” e dell’etichetta discografica “Lapidarie Incisioni”.

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